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I Prezzi Trasp​arenti del commercio equo e solidale

Alcuni prodotti del mercato equo e solidale possono superficialmente sembrare più costosi rispetto a quelli del mercato tradizionale.

Se andiamo a capire quali sono le motivazioni dietro ad un prezzo in apparenza più elevato troviamo:
  1. Pagamenti equi: Come descritto nel Quarto Principio, i produttori ricevono un compenso dignitoso e giusto per il loro lavoro, spesso superiore a quello offerto dal mercato convenzionale, a garanzia di migliori condizioni di vita. 
  2. Supporto alle comunità: Parte del prezzo viene reinvestito nelle comunità dei produttori per sostenere progetti sociali, educativi e sanitari (educazione, assistenza sanitaria ecc.)
  3. Materie prime di qualità: nella produzione vengono impiegati principalmente materiali e risorse naturali di prima qualità o provenienti da agricoltura biologica.
  4. Produzione artigianale: Molti prodotti sono realizzati a mano, richiedendo più tempo e abilità rispetto alla produzione industriale. In tal senso si parla anche di pezzi unici nel mercato.
  5. Sostenibilità: Le pratiche impiegate sono sostenibili e sono attente alla riduzione dell'impatto ambientale e al rispetto delle risorse naturali. Si privilegia ad esempio l’agricoltura biologica. Si hanno costi più alti, ma garantiscono benefici a lungo termine.
Questi ultimi tre punti sono strettamente collegati al Decimo Principio, relativo alla protezione del Pianeta.

Qui troverai i 10 principi del Commercio Equo e Solidale.

Le differenze tra commercio equo e solidale e tradizionale 

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Qua sopra, è importante notare come, nel Commercio Equo e Solidale, la fetta degli intermediari, che nel mercato tradizionale collega i vari processi, sparisce completamente a favore dei produttori, che ricevono così una maggior quota dei profitti derivati dalle vendite.
Questo è merito del Primo e del Secondo Principio, in quanto le amministrazioni hanno la Responsabilità di dialogare direttamente con i produttori e deve essere garantita Trasparenza tra tutte le figure della filiera.
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Per quanto riguarda la nostra bottega i margini di guadagno che abbiamo sui prodotti sono un po’ ridotti rispetto ad una struttura convenzionale di vendita. Ciò è dovuto al fatto che le risorse sono equamente distribuite e vengono così favoriti per l’appunto i guadagni dei produttori nel rispetto dei principi del Commercio Equo e Solidale.
Chi abbraccia il mondo del Commercio Equo e Solidale riconosce infatti che acquistare prodotti equosolidali non è solo una scelta economica, ma un investimento etico che contribuisce a un'economia più giusta e sostenibile.
  • Gli alimentari nonostante siano spesso il cuore delle vendite di una bottega, hanno margini di guadagno del 20-40%, più bassi rispetto all’artigianato. I prezzi sono generalmente competitivi rispetto ai negozi biologici o ai prodotti premium dei supermercati, mantenendo però il giusto compenso ai produttori.
  • L’artigianato offre margini più alti (40-60%) perché si tratta di prodotti unici e non facilmente confrontabili con quelli della grande distribuzione. Tuttavia, la vendita è meno frequente rispetto agli alimentari. 
  • Prodotti come saponi, creme e incensi hanno buoni margini (30-50%), ma richiedono una forte comunicazione sul valore aggiunto (sostenibilità, ingredienti naturali).

Se compariamo però questi valori con i margini che si ottengono dalla vendita nei negozi tradizionali otteniamo percentuali doppie, soprattutto con riferimento all’artigianato, e valori ancor più alti, nel caso della fast Fashion.
Questo perché nel mercato tradizionale:
  • i produttori ricevono una frazione minima del prezzo finale, consentendo margini più elevati a distributori e rivenditori. Questa non equa distribuzione dei profitti è correlata anche al fatto che spesso i produttori sono sottopagati e lavorano in condizioni di sfruttamento;
  • i negozi tradizionali possono approfittare di grandi volumi di acquisto e costi ridotti per unità. Spesso si parla di produzioni industriali, dove gli interessi delle vendite sono correlati alla quantità e non alla qualità dei prodotti stessi e delle condizioni di di vita e di lavoro dei produttori;
  • brand e prodotti di moda o cosmetici spingono il cliente a pagare un “valore percepito” più alto rispetto al costo reale di produzione. Spesso addirittura è il marchio di un prodotto ad implicarne l’alto valore economico nel mercato, anche a fronte di un impiego sempre più frequente di materie prime di bassa qualità e di sfruttamento di lavoratori e risorse ambientali;
  • il cliente non è sempre consapevole del costo reale del prodotto, della distribuzione dei profitti e del margine di guadagno applicato dai negozi, e il mercato tradizionale trae profitto anche da questa disinformazione dei suoi consumatori.
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